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La convivenza uomo-cane. Di Lorenzo Niccolini per Oipa

Aggiornamento: 16 lug 2020


Al giorno d’oggi il rapporto con gli animali è radicalmente cambiato rispetto a un tempo, questo nel bene e nel male. Capita spesso che non sappiamo nemmeno come siano fatti gli animali, figuriamoci conoscerne il comportamento. A volte li salviamo e li proteggiamo, altre volte non li vogliamo vicini, li allontaniamo e li uccidiamo. Andiamo negli zoo e nei parchi faunistici per avere un contatto con essi, li sostituiamo agli affetti perduti, li consideriamo proprietà annullandone l’identità e li umanizziamo.


Anche se si è creata un’evidente e oggettiva distanza tra l’uomo e gli animali, data da una vita sempre più urbanizzata e sempre meno rurale, è indubbio che siamo costantemente calamitati verso il loro mondo, basti pensare alla danza, al canto, al trucco e agli ornamenti.


Un animale in particolare, nonostante i molteplici cambiamenti della società, tuttavia non ha mai abbandonato il nostro fianco: il cane. E i numeri parlano chiaro, sono sempre più le persone e le famiglie con uno o più cani in casa. È innegabile il suo fascino, la sua grande capacità di adattamento, il fatto di saper convivere pacificamente con altre specie, l’abilità nel risolvere i conflitti, la capacità all’occorrenza di farsi da parte e viceversa di farsi sentire se necessario, la sua grande disponibilità, il supporto che ci ha sempre dato nelle diverse attività e che ci da tutt’ora, l’amicizia incondizionata e l’amore che è in grado di donare. Ecco! Queste sono le caratteristiche che tanto ammiriamo nel Pet. Ma se ci pensiamo bene sono le stesse caratteristiche che possiamo, e a questo punto dobbiamo, vedere anche nel cane libero, il randagio per intenderci. Questo però non accade, anzi. Il cane randagio viene spesso additato come il colpevole e visto come un problema. Perché questo? Qualcosa non torna.


In realtà l’essere umano non si smentisce mai ed è alla continua ricerca di un capro espiatorio, di qualcuno o qualcosa su cui scaricare la propria frustrazione e l’insoddisfazione per la propria vita. A volte si punta banalmente il dito verso il cane randagio per distogliere l’attenzione da quelli che sono realmente i problemi che ci affliggono.


È legittimo e da rispettare il fatto che non tutti abbiano piacere di avere a che fare con i cani vaganti, dall’altra parte però, non è nemmeno corretto generalizzare e considerarli come se fossero “il male”, accampando scuse per avvalorare la propria tesi, adducendo ad aggressioni immotivate o alle malattie che questi potrebbero portare.


Il cane, proprio come il lupo infatti, è facilmente attaccabile, e questo a causa di credenze popolari infondate, dell’ignoranza e della cattiva informazione che ne condizionano l’immagine. Uno scoglio culturale che sarebbe anche ora di superare. È proprio questa la “missione” che si sta cercando di portare avanti con l’associazione Stray Dogs.


L’intento è quello di analizzare e studiare nel dettaglio un fenomeno sociale molto complesso, nel tentativo di arrivare ad un graduale cambiamento culturale considerando in maniera sistemica e capillare ogni singola variabile. E questo in contesti a volte anche molto lontani da quelli a cui siamo abituati, come ad esempio il Marocco. Anche se a dire la verità non servirebbe spostarsi chissà quanto per trovare realtà dove la convivenza tra specie è difficile e problematica, basti pensare alle regioni del Sud Italia. È qui infatti che nell’ultimo periodo stiamo concentrando le nostre energie con progetti a livello di informazione, formazione e con azioni mirate per un cambiamento che è assolutamente possibile oltre che necessario.


Al momento quello che è certo è che la soluzione definitiva al randagismo non esista, ma è anche vero, e dimostrabile, che agendo su più fronti, mediante diverse piccole azioni studiate e impostate in maniera oculata, si possono raggiungere ottimi risultati e obiettivi a breve termine sia a favore delle persone che per il benessere e la salvaguardia dei cani.


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